THE RISING - Marco Quaroni commenta il singolo

BRUCE SPRINGSTEEN - THE RISING (Il singolo)

Sei anni e otto mesi. Tanto tempo è passato dall'ultimo album di inediti che Bruce Springsteen ha registrato in studio. Era il novembre del 1995 e l'uscita di "The ghost of Tom Joad" segnava la terza tappa della carriera solista dell'uomo del New Jersey. Dopo "Human touch" e "Lucky town" il disco acustico ispirato al libro "Furore" di John Steinbeck segnò il capitolo secondo della sofferenza, del dolore e dell'emarginazione, già descritta nello spettrale "Nebraska" nel 1982. Prima c'era sempre stata la E Street Band al suo fianco. Nel 1989 la decisione di sciogliere un gruppo che dagli esordi di "Greetings from Asbury Park, N.J.", passando per "The wild, the innocent and the e street shuffle", "Born to run", "Darkness on the edge of town", "The river", fino all'esplosione planetaria di "Born in the U.S.A." aveva fedelmente accompagnato le gesta del Capo. Fu nell'88, dopo il tour del controverso "Tunnel of love" che ognuno prese la sua strada. "Era il tempo di imparare a camminare con le proprie gambe." Questa la spiegazione di Bruce. E tutti lo fecero. Lui in particolare. Due dischi registrati con altri musicisti e il capolavoro acustico-letterario del "fantasma",  4 anni di tour mondiali senza i consueti compagni di viaggio ma con la stessa grande fedeltà nei confronti di quello in cui ha sempre creduto, la sua gente. Ciò nonostante la più grande macchina da rock'n'roll di tutti i tempi era "parcheggiata" e il rammarico degli amici (come lui ama definirli) di tutto il mondo si faceva sentire. L'occasione di incontrarsi, al termine del tour acustico di "The ghost." la diede "Tracks", una imponente raccolta di inediti a cui fece seguito il tour della reunion con gli E Streeters. Due anni sulla strada. Nel momento in cui scrivo di "The rising" è stata diffusa solo la canzone che assegna il titolo all'album. Anni di militanza fra gli springsteeniani "storici" della penisola mi consentono comunque di poter parlare sommariamente del disco, anche prima di averlo ascoltato e assorbito a dovere. E' l'album del ritorno con i compagni di una vita. E' il primo album registrato in studio con i "fratelli di sangue" dal 1984. "The rising" canzone è una potente ballata rock contraddistinta dal più classico E Street Sound. Bruce voce e chitarra in crescendo, Max Weinberg che picchia sulla batteria, Danny Federici che rispolvera l'organo, Garry Tallent che domina la sezione ritmica al basso, Steve Van Zandt che violenta la chitarra e Miss Patty Springsteen che ci mette una buona voce da ornamento. Non si sentono Big Man Clarence Clemons al sax, Nils Lofgren alla chitarra, professor Roy Bittan al piano, ma sul disco hanno altri 14 brani dove sfogare le loro energie.
Un crescendo emotivamente "spacca-anima". Sgombriamo subito il campo: il rocker di Freehold non ci parla della tragedia dell'11 settembre.
La stampa internazionale e la politica hanno giocato a strumentalizzare Springsteen già in precedenza: "Born in the U.S.A." e "The ghost of Tom Joad" furono completamente "rubati" rispettivamente da destra e sinistra. In questa occasione la sensazione è che si voglia fare lo stesso partendo dal presupposto: "Disco sulle due torri". Balle. Bruce Springsteen ha scritto quasi tutte le canzoni dell'album sulla base delle emozioni che la tragedia ha scatenato in lui e in tutti noi. Da working class hero ha preso il dramma e ne ha tratto storie di amicizia, dolore, amore, vita. E "The rising" canzone parla di questo. L'ascesa, la rinascita, il ritorno, lo stare insieme per resistere di fronte al dramma, al dolore, alla desolazione. Che possa trarre riferimento dai fatti dell'11 settembre è vero, che sia il disco dell'11 settembre è strumentalizzazione. Non nuova per il Boss, che per altro lascia correre come sono soliti fare i grandi. Le sue canzoni, i suoi concerti, la sua banda parlano per lui. Pur non avendo già ascoltato tutto il disco (uscita il 29 luglio) altri due brani sono già noti allo zoccolo duro dei fans. "My city of ruins" è stata eseguita nel concerto tributo ai pompieri di New York in versione acustica. Una ballata struggente, scritta prima dell'11 settembre, che parla della distruzione della città natale. "Further on up the road" era stata gettata in pasto al delirio dei concerti di conclusione del reunion tour al Madison Square Garden di New York (ai quali ho partecipato) nell'estate del 2000. Un rock sporco e stradaiolo che riporta al clima di "Backstreets", di "Prove it all night" o di "Badlands" e che riempie il cuore dei fans di vecchia data.
"Più avanti sulla strada", basta il titolo a spiegare il testo: si torna alle atmosfere giovanili, ma con la maturità dell'uomo di 50 anni.
Gli altri brani sono un'incognita, ma se il materiale già noto è lo specchio dell'interno album siamo di fronte, lo dico senza timore di smentite e conscio di essere soggetto alle critiche di chi mi accusa (giustamente) di volergli troppo bene, al più grande disco rock degli ultimi vent'anni. Ci sarà di che ballare e di che soffrire. Come sempre. Come quando su "The river" una canzone parlava di birre e di ragazze e un'altra del terrore di una morte sulla strada. Come quando a Napoli, nel maggio del 1997, durante il concerto acustico al teatro Augusteo eseguì un set di scarnificante e silenzioso dolore. La rappresentazione vivente dell'emarginazione dei perdenti. Per poi, a concerto concluso, affacciarsi alla finestra del camerino del teatro, che dava direttamente sulla piazza, prendere chitarra e armonica a bocca e attaccare una "Thunder road" dedicata alla gente che transitava lì sotto. Canzone simbolo della fuga e della ribellione, esclusa dalle scalette di quel tour perché non inerente alla filosofia che animava quelle serate. E la gente (fra cui anche io) in composto delirio. Solo uno dei tanti aneddoti che compongono il mosaico delle apparizioni italiane del rocker. Da quello storico 21 giugno 1985 quando smontò lo stadio San Siro di Milano davanti a 100mila persone, passando per le date dell'88 a Roma e Torino, arrivando fino al tour senza E Street Band nel 92/93: Milano, Verona, Roma. Poi le tappe teatrali a Roma, Milano, Genova, Firenze e Napoli nel 96/97. Infine il 1999, con il reunion tour che toccò Bologna, Milano e Genova. Una lunga serie di notti in cui il nostro ha dimostrato affezione speciale verso il Belpaese, da cui per altro provengono le sue origini.
Bruce è questo. Ti racconta cosa sei, ti dice che in fondo è proprio tutto uno schifo, poi ti sprona a combattere per migliorare le cose. Su queste basi da quasi trent'anni porta sui palcoscenici di tutto il mondo scorribande di quattro ore fra sudore, emozioni, lacrime e gioia. Su queste basi ha donato all'antologia del rock una discografia che è entrata nel libro della storia. Su queste basi ha guadagnato un trono che dal 1973 nessuno è più riuscito a strappargli, quello di unico, vero, integro profeta della poesia, dell'arte e della musica rock. Senza mai venir meno all'idea da cui era partito. Senza mai cedere alla tentazione del commercio discografico. Una volta, a Zurigo, gli dissi: "Grazie per le tue parole, grazie per la mia vita". Ricordo che mi rispose: "Grazie a te". E ricordo che un'altra volta, a Praga, volle sapere quale fosse il suo album che preferivo. Convenne con me quando citai "Nebraska". In realtà volevo citarne altri sei. Ma in quel momento avevo in mente quello. Mi disse: "Ci rivediamo?" Risposi: "Penso proprio di sì". In tutto ci siamo visti 22 volte. Fino ad ora. Quando entrai a casa sua in New Jersey per lasciargli i miei poveri libri lui era appena uscito. Gli scrissi un biglietto che diceva qualcosa tipo: "Sei stato tu a mettermi la penna in mano". Poi  infilai il pacco nella buca delle lettere. Semplicemente, senza aspettative né fanatismi, solo come si fa quando si regala qualcosa a un vecchio amico.
Molto bene. Aspettiamo questo disco, aspettiamo un nuovo tour che riporterà feroci emozioni e un po' di quella vita che si conosce solamente correndo appresso a un uomo normale che con una chitarra e un'armonica a bocca ha cambiato l'esistenza di tanta gente. Qualcuno una volta disse: "Nel mondo ci sono due categorie di persone. Chi adora Bruce Springsteen. e chi non l'ha mai visto dal vivo."

Marco Quaroni, redattore quotidiano IL GIORNO


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