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 Oggetto del messaggio: Lost but not forgotten
 Messaggio Inviato: martedì 16 novembre 2010, 0:19 
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Iscritto il: venerdì 25 ottobre 2002, 10:29
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Fra poco più di mezz'ora, accanto a The Darkness on the edge of town Story, sarà ufficialmente pubblicato il doppio CD The Promise: un regalo inaspettato nella sua abbondanza, e destinato a mutare in maniera considerevole quanto abbiamo sempre saputo (o immaginato) dell’epilogo dei Seventies springsteeniani. D’accordo, si continuerà a disquisire di questa o quest’altra outtake ancora inedita, e della superiorità di una versione rispetto a quella edita; tuttavia, il materiale contenuto in The Promise rappresenta un contributo alla “comprensione†della carriera di Bruce probabilmente superiore a quello dello stesso Tracks.
Il quadruplo del 1998 infatti, seppur definito dalla stampa specializzata il “santo graal†delle raccolte di quel genere, mostrava delle (inevitabili) lacune. Prima di tutto si proponeva un progetto troppo ambizioso: presentare le “strade†alternative che gli album del Nostro avrebbero potuto prendere in un quarto di secolo di carriera: un compito impossibile in un numero ragionevole di dischi. Per alcuni lavori (The River, Born in the U.S.A o i fratelli poveri Human Touch-Lucky town) ci riusciva in maiera egregia: per altri invece le carenze erano evidenti, tanto da far “sospettare†che qualcosa mancasse di proposito.
Ora, è chiaro che Bruce, Landau & Co ingenui non lo sono. Come qualsiasi die-hard, sanno che vige una gerarchia precisa fra le outtakes. A torto a ragione, alcune sono ammantate da un’aura particolare: che in termini discografici significa “venditeâ€. Canzoni che avrebbero “trainato†pubblicazioni a venire e non andavano quindi “sperperate†inserendole nel già ricchissimo cofanetto di inediti.
La storia è arcinota: ancor prima di Tracks vi fu l’ambitissima Murder Incorporated, a “tentare†i fans all’acquisto del Greatest Hits, primo singolo radiofonico e l’unica vera outtake della raccolta del 1995 (essendo Secret Garden, Blood Brothers e This Hard Land registrate per l’occasione). Nelle liner notes del Gretest Hits, Springsteen di suo pugno, chiosava: “For the long-time fans that have been asking me for this for years. Cut in ’82 for “U.S.A†and remixed by Bobby C. [Clearmountain] a couple of months ago in N.Y.C.†Che più esplicito di così…
Fu poi la volta del “meglio†di Tracks ad essere nobilitato dalla presenza di un altro “mostro sacroâ€: The Fever, assai venealmente omessa dal cofanetto quadruplo. (Ovviamente a far da traino a quella raccolta vi era anche, o soprattutto, The Promise, ma questo pezzo meriterebbe un discorso a sé).
Un’ulteriore compilation ci avrebbe finalmente “consentito†l’acquisto di quella che era divuta la più ambita fra le outtakes di Born in the U.S.A: None but the brave, accompagnata sul bonus disc di The Essential Bruce Springsteen da singoli e b-sides che avrebbero potuto trovare cittadinanza su Tracks e che, da soli, difficilmente avrebbero spinto i fans a metter mano al portafoglio.

Al di là però di queste “logiche†logiche commerciali, Tracks colpiva per la carenza di outtakes in due periodi specifici: gli anni 1995-1998 e le cosiddette Darkness Sessions. Lo sticker che fa bella mostra di sé sull’hard format di Tracks recita “66 songs featuring 56 never-before-released master from over 25 years of recordingâ€, e ok. Alla prova dei fatti però solo tre sono le canzoni posteriori al gennaio 1992: Back in Your Arms (dalle Greatest Hits sessions), Brothers Under the Bridge (unica outtake delle vociferate due dozzine di pezzi registrati per The Ghost of Tom Joad) e Gave it a Name, risalente ai primi anni Novanta ma misteriosamente ri-registrata nell’agosto 1998… (forse più per “giustificare†i “25 anni†dello sticker che per meriti propri…)
Se Devils & Dust ci ha chiarito il motivo della assenza di materiale dalle Sessions di Tom Joad, (e un’intervista di Backstreets Magazine a Shane Fontayne ha certificato l’esistenza nei cassetti springsteeninani di un Relationships’ Album col lavoro in studio del ’94), più problematico risulta il rapporto fra Tracks e le sessions di Darkness on the edge of town.
Nel booklet che accompagna il cofanetto del ‘98, Bruce si cautelava scrivendo “in certain instances, as on Darkness on the edge of town, Nebraska and The ghost of Tom Joad, these choices crystallized the album I was makingâ€. Per cui, l’assenza di un numero cospicuo di outtakes su Tracks si giustificava col fatto che poche erano state le canzoni davvero considerate per la versione finale dell’album. Questo corrisponde a quanto Dave Marsh scriveva a proposito della tracklist dell’album del 1978. Stando al suo Born to run, il lotto delle “finaliste†comprendeva anche The Promise e Don’t Look Back (oltre ad Independece Day, finita su The River), escluse infine per lasciar spazio alla title track.
Se in quest’ottica tutto torna, non si può negare che in chiusura del primo disco di Tracks le cose si facciano un po’ confuse: Delle Darkenss Sessions vi sarebbe sì la papabile Don’t Look Back, ma mancherebbe The Promise (almeno fino ad 18 Tracks). Figurano poi: una versione live di Rendezvous risalente al The River Tour; Give the Girl a Kiss e So Young and in Love (quest’ultima con erronea datazione) che si adattano allo spirito di Darkness on the Edge of Town come a quello Nebraska...; e Bring on the Night appartenente però alle sessions di The River.
Rimarrebbe The Iceman, di cui nel ’98 Springsteen ammise di essersi del tutto scordato: una canzone certamente in Darkenss mood, ma che per finire sull’album avrebbe richiesto l’impossibile escusione di Badlands (con cui condivide dei versi). E da ultimo Heart of Stone, lì più per “prestigio†che per effettive implicazioni con la tracklist, dato che la canzone con Talk to Me era stata donata a Southside Johnny Lyon. In sintesi quindi, Tracks finiva per rivelarci poco o nulla sulle Darkness Sessions, dandoci la falsa impressione che il passaggio da Born to run a Darkness on the edge of town fose stato logico, naturale o addirittura indolore.
Al contrario, e ben prima di Tracks, “the magic of bootlegging†aveva permesso ai fans di mettere le mani nella “biancheria sporca†del Boss, facendo conoscere un lato assai diverso di quelle registrazioni.

Al di là della qualità di molti dei pezzi contenuti, il grande merito “filologico†di The Promise sta nel contestualizzare meglio - e forse per la prima volta - la carriera di Springsteen nel suo momento di svolta.
Nella recente intervista a Rockol.it Jon Landau ha ribadito un concetto già espresso da Sprignsteen nel press-release del nuovo cofanetto e nelle successive interviste promozionali: queste non sono propriamente outtakes dell’album del 1978, sono canzoni che avrebbero potuto/dovuto essere pubblicate fra Born to run e Darkness on the edge of town. La scoperta di questo prezioso anello di congiunzione, smarrito ma non scordato nel cuore oscuro del '78, mette in evidenza la distanza siderale che separa Darkness on the edge of town dal disco precedente; e nel contempo ci mostra quanto lavoro e quanto disciplina ci sia voluta per ottenere questa distanza. Quanto cioè Darkness on the edge of town risponda ad un progetto puntiglioso ed intransigente: l’ “album samurai†che sacrifica tutto quanto non è in assoluta sintonia col progetto artistico.
Il fatto di scoprire ora quanto pop (Gotta Get that Feeling, Save my Love, Ain’t good enough for you), quanto "manierismo" (Fire, The Brokenhearted, The Way), quanto “miele†(Someday (we’ll be together), Spanish Eyes, City of Night) - o, in una parola, quanto “Working on a Dreamâ€! - circondasse Springsteen mentre forgiava il suo capolavoro di rock minimalista, è un’autentica rivelazione. Sapere che Racing in the Street è l’evoluzione “spartana†di Racing in the street (78) ci fa capire tantissimo sul diaframma che Springsteen vuole porre fra Darkenss on the edge of town ed il suo predecessore. È come rileggere il raffinamento di Thunder Road alla luce di Wings for Wheels, oppure di Stolen Car a quella della versione di Tracks. Non che si voglia dare un giudizio di valore; semplicemente il confronto fa risaltare le differenze e chiarifica il processo artistico: cosa Springsteen voleva in quel periodo e come l’ha ottenuto.
Allo stesso modo The Promise è illuminante anche per il “dopo-Darknessâ€. Sapere che accanto a Factory, Streets of Fire o Something in the Night si incidevano It’s a Shame, Outside looking In oppure Talk to Me permette (se mai ce ne fosse bisogno) di guardare all’apparente schizofrenia di The River con altri occhi più “indulgentiâ€.
The Promise testimonia come il pop dell’ ’80 non esploda in reazione al nichilismo simil-punk di Darkness on the edge of Town: al contrario, è sempre esistito. Tutt’al più “Il Fiume†straripa di quella vena che nel ’78 era stata tanto dolorosamente repressa. Su The River, Out in the street, Crush on you, Hungry Hearts e I wanna marry you si alternano con Independence Day, Point Blank o Wreck on the Highway con la medesima naturalezza con cui - in studio, beninteso - Prove it all Night poteva alternarsi ad Outside looking In. Nulla di cui stupirsi, col senno del poi.
Ancora nell’intervista a Rockol.it, Landau ci regala un’altra preziosissima informazione per “capire†il progetto Darkenss on the edge of town: il produttore ci dichiara come con quest’album Springsteen volesse “trovare se stessoâ€, rifuggendo le sue influenze musicali. Si cancellano così Elvis, Orbison o il Soul alla ricerca di qualcosa che suonasse "più" attuale; alla ricerca di un disco - come dirà Sprignsteen nel Making of - “con cui se ascoltavi il rock in quel periodo dovevi confrontarti per forzaâ€. Il punk-rock più influente del pop-rock tradizionale quindi. Questo è ciò che fa grandissimo Darkness on the edge of town, ciò che fa scegliere per ogni canzone i paradigmi più estremi, più moderni. Si pensi ad Adam raised a Cain oppure alla differenza che corre fra Candy’s Boy e la definitiva Candy’s Room.
E forse, per quanto involontario e paradossale, il più grande merito di The Promise, sta proprio nell’enfatizzare la grandezza del disco pubblicato nel ’78. Nel permetterci di “rileggere†Darkness on the edge of town alla luce di quello che avrebbe potuto essere, e capire davvero la coerenza ed il coraggio che sanno alla base del capolavoro rock di Bruce Springsteen. Perché per quanto splendide, nessuna delle outtakes contenute su The Promise avrebbe potuto migliorare l’album che Darkness on the edge of town sarebbe stato.

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Good-luck, Goodbye


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 Oggetto del messaggio: Re: Lost but not forgotten
 Messaggio Inviato: martedì 16 novembre 2010, 9:12 
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Gian ha scritto:
Perché per quanto splendide, nessuna delle outtakes contenute su The Promise avrebbe potuto migliorare l’album che Darkness on the edge of town sarebbe stato.

Debbo ancora ascoltare bene il doppio cd (l'ammetto: non ho saputo resistere alla tentazione degli mp3 "torrentati") però sono pienamente d'accordo con la tua conclusione.
Darkness è perfetto così come è stato pubblicato.


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